Anna ha 15 anni ed è seguita da una psicoterapeuta. È proprio lei che consiglia alla giovane di contattarmi.
Arriva da me accompagnata dalla mamma. Anna non è contenta di entrare in studio. Si capisce chiaramente: sbuffa, si lamenta perché preferirebbe uscire mentre chiedo qualche informazione sulla sua vita. La gravidanza, la nascita, i primi anni di vita e gli ultimi episodi che hanno fatto scattare l’allarme.
Il problema principale di Anna è che non riesce a stare in classe. Basta che qualche compagno o professore nomini la parola “verifica” che lei scoppi in lacrime. Una volta – raccontano – ha anche vomitato. Eppure la mamma sottolinea che nessuno in casa le mette pressioni sul suo rendimento scolastico. Questo aspetto tuttavia a me interessa poco: c’è già una professionista – la psicoterapeuta – che segue le sedute sia con Anna che con i genitori.
A me interessa che Anna smaltisca questa forte dose di stress che ha accumulato e che trovi degli strumenti in grado di affrontare le situazioni difficili anche nel futuro. La sua postura è rigida; continua a contorcersi le dita, quasi come se le volesse staccare; ha il respiro affannato senza aver fatto alcuna corsa.
Per prima cosa cerco la fiducia di Anna. Senza non potrei mai portare avanti le sedute: non lo dico per non caricarla di altro stress, è un bilancio che nel caso avrei fatto in un secondo momento. Inizio dalle mani: bisogna avere tatto con chi soffre di ansia e stress, nel vero senso della parola. Nei casi come quello di Anna, un intero ambiente – come la classe, salire su un pullman – è capace di rilasciare tantissime sensazioni anche senza che si tocchi.
Il mio approccio è quello che in osteopatia si chiama “gentle touch”. Il tocco gentile, che rilascia ossitocina, abbassa la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna.
L’aria di Anna è tutta bloccata lì, è come se nn riuscisse a uscire.
Dalle mani passiamo a gestire questo respiro attraverso il diaframma.
Anna sta continuando a venire in studio. Siamo al quarto incontro, ieri è entrata per la prima volta con il sorriso. Sta continuando anche il percorso con la psicoterapeuta, con cui sono in contatto. Tra qualche giorno – mi ha raccontato – ci saranno le pagelle. “Ma mi sono ricordata di respirare per prima cosa – mi racconta Anna -. E mi sento più forte”.
Ma non è magia. È osteopatia.