Sognavi di vedere il tuo bambino correre e camminare sin da quando era nel pancione. Hai atteso anche più di un anno. E ora stai notando che il suo piedino tende verso l’interno quando cammina? O che si lamenta dicendo che gli fanno male i piedi? All’inizio quando gli compravi un paio nuove di scarpe sembrava solo un capriccio: “Non so perché non gli piacciono, forse perché sono nuove”. E invece era colpa di un piede piatto o di una pronazione di caviglia, quello che giustamente rappresenta il terrore di quasi tutti i genitori con bambini e bambine fino dall’età scolare.
È il problema più comune del retropiede: un appiattimento della volta plantare – vale a dire quella parte del piede che forma un arco – e della zona del calcagno. Per dirla in soldoni: un piede normale presenta la parte centrale del piede che non poggia completamente per terra. Se lo osserviamo, tende a una leggera curvatura al centro. Chi soffre di piede piatto invece quando è in posizione eretta o sdraiata la pianta del piede appoggia totalmente per terra. Solitamente è una malfornazione che interessa i bambini e le bambine tra i 10 mesi e 4 anni. Tende ad auto correggersi entro gli 8 anni, ma in alcuni casi il piede piatto potrebbe restare anche in età adulta, con difficoltà nel tempo collegate a tutta la struttura.
Il piede piatto nei bambini lo si ritrova in Italia nel 90% dei bambini al di sotto dei 2 anni di età presenta un appiattimento più o meno pronunciato della volta plantare (fonte: Bobux.it) Una percentuale particolarmente alta, ma che scende al 4% entro i 10 anni in maniera spontanea, con l’assestamento dell’apparato muscolo-scheletrico. Tuttavia, negli ultimi anni il piede piatto – complice anche le nostre abitudini di vita, più sedentarie, l’obesità e spesso con una scelta di calzature più estetiche che portano a un appoggio scorretto e a una posizione obbligata e limitata di dita e ossa del piede – si ritrova anche negli adulti: nel 2023 il 30% degli adulti in Italia soffre di qualche forma di piede piatto. A esserne colpite sono più le donne in età compresa tra i 40 e 50 anni, anche se non manifestano dirette patologie al piede ma ai legamenti e ai muscoli, in particolare di arti inferiori e colonna. Il piede piatto difficilmente è operabile. Di solito l’ortopedico consiglia l’utilizzo di solette ma anche un percorso terapeutico osteopatico.
Ed eccomi qui a raccontare come l’osteopatia possa aiutare a correggere il piede piatto. Il problema del piede piatto infatti è che appoggiando tutta la pianta per terra si alterano l’equilibrio tra muscoli, ossa e legamenti. Ma attenzione però: non sempre si parla di piede piatto “vero”: nella maggior parte dei casi l’errato appoggio fin da tenera età porta ad avere una pronazione di caviglia e valgismo di ginocchia. Una condizione individuabile con un test ben eseguito.
L’osteopatia quindi, soprattutto in quest’ultimo caso, non interviene in un solo distretto del corpo ma agisce sul suo complesso andando a riequilibrare postura e biomeccanica di tutta la persona. Sono infatti tutte le strutture a influenzare la postura (visceri compresi).
Già dalla prima seduta mi è possibile sollevare a bambini e adulti quella sensazione di fastidio o di dolore che il piede piatto solitamente comporta. L’osteopata infatti interviene sia sul bambino che ha iniziato a muovere i primi passi, sia sull’adulto che si porta da tutta una vita il problema del piede piatto con fastidi intensi al tallone, alle ginocchia, alle anche, alla zona lombare e cervicale. Solitamente basta un ciclo di sedute e poi alcuni incontri di mantenimento nell’anno, volti a consolidare quanto ottenuto a livello plantare. I benefici sono pressoché immediati.
Ma non è magia. È osteopatia.